Siamo Campioni d’Europa, per la seconda volta, dopo 53 anni dall’Europeo romano datato ‘68 di Gigi Riva e del CT Ferruccio Valcareggi. Questa, però, è una vittoria dal sapore diverso. Ci siamo laureati nel Tempio del calcio, a casa degli inventori del football, provocando una Brexit calcistica che sarà davvero dura da mandar giù. Roberto Mancini ha rifondato la Nazionale italiana di calcio, guadagnando e ripagando, da subito, la fiducia ottenuta dagli organi federali, circondandosi di persone fidate che conosce ormai da anni.
Carta bianca, o quasi, quella che il CT ha ricevuto dalla Federazione. Nicolò Zaniolo, convocato senza aver mai giocato nella massima divisione, è la sintesi delle follie commesse finora dal CT azzurro. La svolta che il Mancio nazionale ha saputo imprimere alla Nazionale Italiana ha davvero dell’incredibile, se si pensa al periodo buio di Gian Piero Ventura, che ha tolto dalle mani dei tifosi i biglietti per Mosca ’18.
Alla fine di questo primo triennio si è formato un gruppo operaio che gioca divertendosi e si diverte giocando. I ragazzi, l’altra sera, hanno alzato la Coppa al cielo con l’entusiasmo e la felicità che si riscontrano negli oratori parrocchiali. Restituendoci l’orgoglio per essere tornati i primi della classe. Si è allungata ancor più la striscia di imbattibilità della nostra Selezione. Sono ormai 34 i risultati utili consecutivi. Record ritoccato. Sette vittorie su sette in questo Europeo. Cifre, come si dice, da capogiro.
I “nostri” si sono dimostrati sempre all’altezza, con lo spirito tipico dei giovani, talentuosi ma non fuoriclasse. I veri senatori alla fine sono stati Bonucci e Chiellini. Che non si sono “seduti”. Anzi. Hanno condito, con la giusta esperienza, l’effervescenza dei più giovani, garantendo serenità e coesione allo spogliatoio. Non una cosa da poco. I risultati si sono visti. La squadra, nelle rarissime occasioni in cui è apparsa in difficoltà, non si è mai smarrita. E l’unica volta che è andata sotto, proprio nella finale contro gli Inglesi, ha saputo soffrire e ribaltare una partita che si era messa male già dopo due minuti.
Certo, si dirà, abbiamo portato a casa, sfruttando i calci di rigore, sia la finale che la semifinale con la Spagna. Quindi? Fortuna? Può essere. Ma nel calcio ci sta anche quella. Troppe volte i rigori ci hanno fatto piangere. Anche stavolta abbiamo pianto, ma di gioia. Consapevoli di essere saliti sul tetto d’Europa. Gli altri, i favoriti della vigilia, si sono persi per strada.
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