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Chelsea – L’ombra di Putin: cosa si nasconde dietro la cessione di Abramovich

L’ombra di Putin sulla cessione del Chelsea da parte di Abramovich è un fatto comprovato. Il retroscena sul rapporto tra i due è sconvolgente.

La guerra ha scosso anche il mondo del calcio, rivelando un sistema in mano ad un oligarchia fatta di ricchezze incalcolabili, ma che possono venire giù com’è successo a Roman Abramovich e al Chelsea.

 

Roman Abramovich e Vladimir Putin [credit: AnsaFoto] – Il Calcio Magazine
Il gioco di interessi tra Putin e Abramovich risale ai primi anni 2000. Ripercorriamo la storia e i motivi che hanno fatto acquistare ad Abramovich il Chelsea e la genesi del suo rapporto con Putin, che in questo frangente storico lo ha costretto a vendere un club di cui era presidente dal 2003.

Abramovich, il rapporto tra l’oligarchia politica e l’oligarchia economica in Russia

All’inizio della sua carriera negli anni ’90 Roman Abramovich colse al volo le riforme economiche che prevedevano la nascita di nuove imprese private. Inizialmente fece fortuna con il commercio del petrolio, comprando sia un’azienda che si occupava di estrarlo che una per la successiva raffinazione. Fuse le due imprese nella Sibneft, ma per arrivare ai piani alti del governo si fece aiutare dal ricco imprenditore matematico Boris Berezovsky, che entrò nelle grazie dell’all’ora presidente Eltsin con la promessa di finanziare il suo partito nella compagna elettorale del 1996. Una volta ottenuto il suo consenso, Abramovich divise le quote della Sibneft proprio con Berezovsky e i due finanziarono anche la campagna elettorale del 2002 di Vladimir Putin.

Putin una volta al potere volle fare piazza pulita degli oligarchi russi per i modi sospetti in cui si erano arricchiti. Tuttavia, Abramovich entrò nelle sue grazie, mentre con Berezovsky entrò in conflitto, si appropriò delle sue ricchezze e lo condannò al carcere. I rapporti tra Abramovich e Berezovsky si inclinarono, con il primo che acquistò le quote della Sibneft, cedendole poi alla Gazprom, la multinazionale russa sotto il controllo di Putin. Il matematico cadde in rovina e si suicidò nel 2013, stremato dall’aver perso tutto.

Roman Abramovich, ex proprietario del Chelsea [credit: ANSAFoto] – Il Calcio Magazine

Abramovich, lo “sport washing” e la caduta del Chelsea

Il Chelsea è attualmente travolto dal congelamento dei beni del suo ex presidente Roman Abramovich. Il club londinese deve rispettare diverse regole che lo mettono in difficoltà, tra le quali un massimo di 20mila sterline per pagare le trasferte, il blocco della vendita del merchandising, il divieto di vendere biglietti ai tifosi per le partite a Stamford Bridge, a cui possono accedere solo gli abbonati. Gli unici soldi che possono uscire dalla società sono quelli degli stipendi ai dipendenti del club (circa mille lavoratori).

Le sanzioni dell’Occidente verso gli oligarchi tendono a colpire proprio Putin, privandolo delle ricchezze su cui ha costruito il suo impero. Tra i nomi fondamentali dei suoi fedelissimi vi è proprio quello di Roman Abramovich. L’ex presidente sarebbe inoltre in possesso di una quota di un’azienda che produce acciaio per la costruzione dei carrarmati russi che hanno invaso l’Ucraina.

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È dunque chiaro che alla base della storia tra Abramovich e i Blues vi il fenomeno dello “sport washing“, ovvero il cercare di ripulirsi la coscienza tramite lo sport per insabbiare l’azione negativa di governi e soggetti privati. I tifosi del Chelsea, incantati dai successi di una squadra che è passata dalla prima qualificazione in Champions della sua storia nel ’99 alla conquista di titoli sotto la gestione Abramovich, hanno difeso l’oligarca russo in più casi.

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Tuttavia, in questo momento storico è molto probabile che stiano aprendo gli occhi sulla faccenda. È chiaro che l’ex presidente abbia voluto fare i propri interessi fin dall’inizio acquistando il club londinese.

Martina

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