In Ucraina continua l’incubo senza fine della guerra intentata dalla Russia, qui dove esiste ormai ben poco e dove una scuola di calcio italiana è stata costretta chiudere definitivamente battenti.
La storia di Mattia è una come le tante delle persone che in queste settimane stanno vivendo l’incubo della guerra, della devastazione e della paura costante di vedere la propria vita messa in pericolo dagli attacchi dell’esercito russo.
La stampa nazionale, e no, ha diffusi la storia di Mattia Gozzo che da tempo vive in Ucraina dopo aver lasciato l’Italia per seguire il grande amore al fianco della moglie e riuscendo a realizzare uno dei suoi grandi sogni, ovvero quello di aprire una scuola calcio.
A raccontare la storia di Mattia è stato il portale di Gianluca Di Marzio, qui dove ha spiegato di aver aperto la sua scuola di calcio dopo il conseguimento della laura in scienze motorie ha deciso di seguire la moglie in Ucraina avviando così la sua attività.
In particolar modo, Mattia Gozzo al portale ha dichiarato: “Volevo fare qualcosa che potesse dare una speranza a qualcuno. Ho fondato un’accademia calcistica, si chiama ‘Atletico Tricolore’ e ho preso bambini dai tre anni fino ai diciotto, facendo un mio programma, studiato da me. I bambini con me hanno imparato molte cose nuove che nelle altre scuole calcio ucraine non venivano mai fatte. Alcuni sono stati anche contattati da qualche club importante. Per un istruttore credo non ci sia soddisfazione più grande”.
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L’intervista in questione, successivamente, continua con il racconto del primo giorno di guerra, settimane dopo che molte famiglie avevano già deciso di lasciare l’Ucraina perché impauriti dalle minacce di guerra… paure che sono poi diventate realtà.
Mattia Gozzo, infatti, ha così concluso il suo racconto affermando: “È stato in quel momento che ho capito che sarebbe potuto accadere qualcosa di serio. Io non ci avrei mai pensato. Tant’è vero che non avevo mai immaginato di tornare in Italia. Ci siamo svegliati con il rumore delle bombe e degli aerei che volavano sopra di noi. Inizialmente abbiamo provato a trovare un treno per fuggire ma erano tutti o soppressi o pieni di gente. Per fortuna siamo riusciti a prenotare un pullman. Partiva da Kiev: abbiamo fatto un autostop e 8 km a piedi per arrivare alla stazione dell’autobus”. Infine: “Poi siamo riusciti ad andarcene, finalmente. Quel pullman è stata la nostra salvezza e il viaggio è andato bene. Alcuni amici ci dicevano che anche in autostrada c’era chi sparava. C’era grande ansia, ma per fortuna siamo usciti dal confine sani e salvi”.
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